Le voci che parlano dell’attuale piazza Gioacchino Rossini sono tante, praticamente un vocio; i personaggi sono davvero in tanti: se via Branca è stata la via degli artigiani, la piazzetta è il luogo dei commerci; è ancora il cuore delle attività commerciali, proprio come era una volta. Le botteghe sono tutte cambiate ma è qui che si è sempre sviluppato il borgo, appena fuori dal castello. Qui i protagonisti sono i commercianti che ancora mantengono la vivacità economica di questo paese rispetto ad altri antichi castelli che si sono spopolati; anzi, a Sant’Angelo arrivano ancora oggi da tutto il territorio collinare circostante per far la spesa, per chi ha bisogno dei numerosi prodotti presenti nella ferramenta di Donati, nell’alimentari, di biancheria,  di pane e biscotti o di  un gelato... 

L’eccellenza commerciale di Sant’Angelo si può far risalire all’epoca dell’infeudamento: è Giulio Cesare Mamiani nel ‘500 che ottiene da Pesaro “ sì a lui che ad ogni conte di Sant’angelo pro tempore di tenere nel feudo di Sant’Angelo il sale venale, affinchè si potesse vendere allo stesso prezzo che si vende a Pesaro dai ministri ducali”. La vendita del sale a Sant’Angelo era un fatto eccezionale: i responsabili della salina di Pesaro dovevano ogni anno fornire al Conte Mamiani 50 some di sale al prezzo di 4 sesini per ogni dieci libbre, in perpetuo. 

Questa facoltà continua ad essere un fatto eccezionale fino ad anni molto recenti, quando lo spaccio sempre ben fornito di ogni genere alimentare di Garattoni (dove oggi c’è la ferramenta di Donati, che ci ha raccontato questo particolare) poteva vantare di offrire sardine, caffè o sale, presi a Pesaro, mantenendo nel paese un tenore di vita benestante. Per questa ed altre concessioni fatte dal duca della Rovere al conte Mamiani, Sant’Angelo appariva molto privilegiata rispetto ad altri feudi, quasi un piccolo stato  nello stato di Urbino. Altrettanto eccezionale è la notizia  che in modo simbolico il conte dovesse contraccambiare il duca pesarese con “duodim restes ficuum aridorum”, dodici reste di fichi secchi, che racconta bene quanto dovessero essere buoni; una tradizione importante che prevede solo poche variazioni: inizialmente da consegnare il primo di settembre  in occasione della festa di San Michele, poi nel giorno della vigilia di Natale e dopo la devoluzione nel pagamento di due scudi.


La piazzetta Rossini è sempre dunque stata un luogo di commercio e di scambio che ha connotato Sant’Angelo come un paese in cui non mancava nulla. Dalle foto raccolte si riconoscono la macelleria di Donati, la farmacia dove ora c’è il forno, la taverna al civico 4, e dove ora c’è l’alimentari  un’ altra osteria detta di Pitrulla (soprannome di Gemignani) mentre all’angolo sotto le mura c’è stato  in tempi più recenti un bar e un affittacamere La Carlotta. Tra il bar e la farmacia più di venti sedie per le persone che sostavano a chiaccherare; tra queste due personaggi illustri, chiamati “il barone e la baronessa”, in realtà lui era un colonnello.

A sottolineare l’atmosfera di allegria e convivialità,  un fatto curioso, raccontatoci sempre da Massimo Donati: in occasione di una delle edizioni del carnevale, che a Sant’Angelo è stato eccezionale, i Marcolini fanno mettere nel deposito dell’acqua litri di vino che sgorgava a disposizione di tutti dalla fontana. 

All’angolo prima di via Branca c’era la bottega di Sanchietti dove vino rosso, pesce fritto e minestra con i ceci allietavano le serate, quando gli uomini giocavano a morra, tra urla e risate. Un giorno Salvatore Sanchietti trovò uno scherzo sulla porta della sua bottega: un cartello avvertiva della ”chiusura per lavatura della baraccola della signora”. 

Sempre nell’angolo c’era la bottega di Primo d’Somma che vendeva le sigarette sfuse. Il soprannome derivava da un fatto tragico e comico allo stesso tempo: durante la prima guerra mondiale aveva perso una gamba e ne aveva una di legno e a chi gli chiedesse cosa fosse successo lui rispondeva: “ Eh…nsomma…nsomma..la Patria!; da qui il soprannome di ‘somma. Ancora vicino alla osteria ce n’era un’altra, quella del Cilen che la domenica vendeva sulla strada i lupini, le sementine, le caramelle d’orzo fatte in casa usando come unità di misura un bicchierino; in involucri di carta gialla vendeva sfusi caffè, pepe e bicchierini di lupini.


Ma il personaggio più famoso a livello internazionale che è presente nella piazzetta è Fran, Mario Franci: un disegnatore e vignettista che ha deciso “di rendere brutte le persone”. I suoi “bugatt” si stagliano sopra la casetta di una parente regalando uno spaccato ironico degli incontri in paese. Tra i personaggi citiamo almeno il maestro Bassi, che all’occasione estraeva anche i denti; o Lincoln, il barbiere anarchico che diede nomi davvero improbabili ai suoi quattro figli per non utilizzare nomi di santi;  Ciro Donati, tra i sensali più quotati del paese; Pipana, a cui è evidente dal nome che piacesse bere.

 Nato nel 1919, ha collaborato con importanti testate giornalistiche in Italia e in Svizzera e ha collaborato a lungo con il comune di Milano. Morto nel 1999, si continua a parlare dei suoi lavori e anche in paese ogni bottega ha un suo disegno, a ricordo della sua mano geniale. La figlia Ambra continua a frequentare il paese ed è una testimone attenta e generosa dei ricordi del Fran.